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Il tempo. Ci affascina tutti, ma
scatto o non scatto?
Quello che si è dileguato, quel soggetto perfetto che rifiuta timidamente la tua offerta di scattargli una foto o che sfreccia via troppo velocemente perché tu possa piombargli addosso. Lamentarsi fa parte del processo o dovremmo scattare foto e fare domande dopo?
È come se fossimo in una sudicia macchina a noleggio da anni e qualsiasi scusa per stirarci le gambe fosse accolta con entusiasmo. Quindi, quando il mio amico mi chiede se dobbiamo dare un’occhiata a un mercato della carne davanti a cui siamo passati, faccio immediatamente un’inversione a U.
Mentre entriamo nella striscia animata sul lato del fiume, veniamo salutati dal dannato coro. Gli agnelli si accalcano in gabbie recintate, camion enormi e nel bagagliaio di un’auto in più.
«Lo sanno», dico.
Per fortuna non sono vegetariana e ne accarezzo alcuni mentre proseguiamo lentamente. Noto un uomo nel retro di una macchina, ben illuminato. Gli chiedo se posso fargli una foto; è uno scatto veloce, non bellissimo, ma abbastanza da sedurmi. Mentre continuiamo a camminare, ecco che mi allontano e mi metto a fotografare scene all’aperto invece di avvicinarmi alla gente. Questo mi infastidisce, e non riesco a decidere se impegnarmi e chiedere ai tanti soggetti meravigliosi davanti a cui passiamo se posso fargli una foto. Occhi lucidi, rughe scavate, mani sporche di fango e sorrisi accattivanti… cos’è che mi blocca?
«Forse dovrei semplicemente chiedere, fotografare, vedere ciò che succede?»
«Non credo» mi risponde il mio amico «Decidere cosa fotografare denota maturità»
Sono indecisa.
Ritrarre qualcuno all’istante è una sfida perspicace. C’è molto a cui pensare, e avere il coraggio di farsi avanti è la prima decisione da prendere. Se fossi certa di potermi avvicinare a ogni persona e chiedere di fare una foto, non sarebbe una pratica magnifica per questo compito tormentato? Non sarei in grado di controllare – attraverso questo esercizio – la capacità di decidere su due piedi?
Il mio amico ne discute in modo troppo avventato e superficiale; è fotografare senza pensare.
Sarei come quei turisti che scattano foto di segnali stradali che non verranno mai ricordate con adorazione? Lui mi suggerisce che la capacità di prendere una decisione è tanto forte quanto la capacità di renderla una foto meritevole. Quantità o qualità?
Ci sono state tante passeggiate con amici in cui ho messo in discussione la loro decisione di fermarsi e “inquadrare”, e sono sicura al 100% che anche loro l’hanno fatto con me. Comunque, mi sorprendo spesso quando vedo emergere la foto sul loro provino a contatto e noto il modo in cui il loro cervello e i loro occhi vedono la stessa scena con più fascino e abilità rispetto a me.
Un momento che non dimenticherò mai è una passeggiata di mattina presto con un fotografo: dopo aver camminato per un’ora buona, ha osservato:
«Penso che avremmo potuto scattare una foto qui, ma ormai se n’è andata».
Voleva dire che eravamo arrivati troppo tardi alla festa e che, in qualche modo, non saremmo riusciti a fare la foto che stavamo cercando… qualunque essa fosse.
L’ho capito, non so perché ma forse la nostra decisione di fotografare o meno è più complessa di un semplice sì o no, e ciò che conta di più è che ne siamo comunque consapevoli. Fotografa e pensa, o vai via e analizza.
Passo e chiudo.