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Spesso, alla domanda su cosa sia un collettivo fotografico, ci troviamo senza una risposta semplice. Negli anni, alla nostra esperienza, prettamente soggettiva, abbiamo potuto affiancare quella dei tanti altri collettivi che abbiamo avuto modo di conoscere. Partiremo da ciò che ci è più vicino – il nostro lavoro – con il proposito di presentare poi quello di altri fotografi.
Siamo quattro fotografi e lavoriamo su progetti di gruppo sin da quando ci siamo messi insieme e ci siamo dati un nome comune: TerraProject. Era il 2006 e facevamo il nostro ingresso in un mondo, quella della fotografia, dell’editoria e delle agenzie, che sarebbe cambiato, drasticamente di lì a pochi anni. Avevamo deciso di affrontare questo percorso insieme, sperimentando non soltanto una piattaforma di distribuzione condivisa, ma anche una forma di scrittura collettiva che negli anni ci ha portati alla realizzazione di numerosi progetti di gruppo.
Dieci anni dopo quell’inizio abbiamo voluto celebrare il nostro anniversario e riflettere su cosa sia per noi la fotografia. Il nostro lavoro è un tramite, una via d’accesso per conoscere, per incontrare persone, per condividere. Idealmente perciò necessita di tempo, di scambi prolungati, ripetuti, di pause e di riprese, come lo è il progredire dell’amicizia e della socialità.
È così che è maturato un sentimento, un metodo di lavoro, che poi è diventato Memorandum. I termini sono semplici: ritornare a fotografare alcune delle persone che abbiamo incontrato in questi ultimi dieci anni in Italia, presentandoci con la stampa del primo ritratto che eseguimmo. Un modo per riprendere il filo del discorso, e farci raccontare cosa è accaduto dopo quella fotografia. Un processo di riesumazione in cui ognuno di noi ha scavato nei propri archivi fotografici e della memoria per rievocare luoghi e storie, e condividerle tra di noi fino a selezionare, tra le centinaia di persone incontrate, quelle che ci permettessero di affrontare nuovamente tematiche a noi particolarmente vicine: dall’uranio impoverito all’inquinamento industriale, dai terremoti alla politica.
E infine, una volta identificati e, dove possibile, contattati i soggetti, siamo partiti tutti e quattro verso un viaggio catartico, in cui ci siamo permessi di dedicare alla fotografia tutto il tempo che questa richiede. Al seguito, treppiedi e pesanti medio formato a pellicola. Una sorta di anti-fotografia, se per fotografia intendiamo quella frenetica dei commissionati editoriali. A ogni incontro dedicavamo il giorno, mentre la sera ci spostavamo per avvicinarci alla tappa successiva. Durante gli spostamenti, fotografavamo paesaggi urbani e naturali legati alle storie.
La scelta di dedicare il tempo e le risorse di tutti e quattro a un progetto apparentemente semplice era dettata principalmente dalla necessità condivisa di riflettere sull’evoluzione della nostra scrittura collettiva, per un decennio legata indissolubilmente all’utilizzo di certe regole stilistiche, prima fra tutte quella del medio formato quadrato. In Memorandum, per la prima volta, sperimentiamo insieme il formato 6×7.
Il progetto è divenuto una pubblicazione autoprodotta leggera, in un formato tabloid, qualcosa a metà tra un feuilleton ed un diario di viaggio. Il testo riveste un ruolo importante perché introduce i personaggi e le loro storie. All’interno della pubblicazione, oltre alle didascalie, trovano posto i provini a contatto dei ritratti originali, e alcuni dati, per non farci dimenticare che si tratta pur sempre di fotografia documentaria, ancorata ai fatti.
Memorandum è stato presentato al festival Cortona on the Move, Arles e Perpignan e promosso in numerose città italiane. A Noto è stata organizzata una mostra con le stampe del lavoro.
Per noi Memorandum è una tappa intermedia, non certamente un punto di arrivo. Oggi stiamo lavorando già a un nuovo progetto collettivo. Ve ne parleremo in un prossimo futuro.